Il delitto che ha cambiato la storia di Roma antica by Peter Stothard

Il delitto che ha cambiato la storia di Roma antica by Peter Stothard

autore:Peter Stothard [Stothard, Peter]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2021-10-19T09:37:43+00:00


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Cassio e Bruto

Nell’autunno del 43 a.C. Parmense stava in mare. La guerra incominciata come un disperato appello alla libertà, o almeno così piaceva ricordare ai congiurati, si era ormai trasformata in una guerra per procurarsi il denaro necessario per evitare di subire una vendetta.

Il teatro in cui si consumò fu il Mediterraneo nordorientale, l’arco lungo la costa macedone, asiatica e siriana che collegava Laodicea, Tarso, il promontorio cipriota, Xanthos, Rodi, Efeso, Smirne e Troia per chi rivolgeva la mente all’Antichità, e Filippi per chi si concentrava sul prossimo futuro. A causa della loro posizione sulla linea tra la Grecia e l’Asia, quelle ricche città erano già state in passato teatro di grandi battaglie romane, le une contrapposte alle altre.

E proprio i soldi erano ciò che serviva nella nuova guerra romana. Diventarono un bersaglio persino le ricchezze ben custodite di Cleopatra nella lontana Alessandria. I temporali invernali incombevano all’orizzonte, carichi di presagi che terrorizzavano i vecchi marinai superstiziosi. Ai congiurati servivano soldi, e subito. Le strategie andavano di pari passo all’arricchimento.

A condurre i saccheggi sulle coste fu Gaio Cassio, il congiurato con maggiore esperienza militare, ora che Decimo e Trebonio erano morti. Dopo la morte di Dolabella, razziò i templi e le ville di Laodicea, quelle che non erano state ridotte in macerie per bloccare il porto. In un solo giorno gli abitanti della ricca città che un tempo aveva ambito a fare la concorrenza ad Alessandria furono ridotti alla fame.

Il modo più semplice per salire a Tarso, la miniera d’oro successiva, era prendere il mare aperto, ma tenersi vicino alla costa era più sicuro. La rotta più lunga partiva dalla punta del Mare Fenicio, attraversava i venti tempestosi del golfo più orientale del Mediterraneo, superava la città chiamata Alessandretta, e poi il canale della Cilicia dove si vendevano vino, capre e abiti di tela grezza. In quel tratto non c’erano soldi da razziare, ma la rotta più breve rappresentava un rischio inutile per i saccheggiatori. Affrontavano già abbastanza nemici in carne e ossa, non serviva sfidare anche la natura.

Gli abitanti di Tarso erano imprevedibili quanto le condizioni metereologiche della zona. Sei mesi prima, nella lettera scritta a Cicerone dal promontorio cipriota, Parmense si era lamentato amaramente degli abitanti di Tarso: erano i peggiori alleati che potessero avere. Una fazione aveva scelto di appoggiare i congiurati, l’altra Dolabella. Dopo l’umiliazione di Laodicea, tutti gli abitanti di Tarso dovettero pagare per le necessità economiche dei congiurati. Quando arrivò il conto, i magistrati della città vendettero in schiavitù prima le bambine e i bambini, poi i vecchi inutili e infine i giovanotti che avrebbero potuto difenderli. Ma ciò non bastò a saldare il conto.

Ammiratori e detrattori si chiesero come i congiurati giustificassero quei furti e la schiavizzazione in nome di una lotta per la libertà, di un’opposizione alla tirannide o a sostegno di qualsiasi altro codice filosofico del Palatino. Le risposte risiedevano nell’ordine di priorità. Per un marinaio seguace di Epicuro non c’era alcuna incoerenza nel conquistare, ricercare e sottrarre ricchezze, bastava che la ricchezza non fosse il fine ultimo della ricerca.



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